La riforma del codice CUP 2021
Abbiamo parlato in varie occasioni del codice CUP, di come si debba procedere per chiederlo, chiuderlo, revocarlo o cancellarlo.
Oggi parleremo della recentissima riforma che ha interessato questo istituto, riforma che di fatto diventerà pienamente operativa quest’autunno decorsi sei mesi di tolleranza-divulgazione-comunicazione agli interessati.
Come sappiamo, il codice CUP è un pò il “nome” dei progetti di investimento, quello che li identifica in modo univoco e permette di riconoscerli in mezzo a mille altri, un pò come il nostro nome registrato in anagrafe (o se preferite, come il codice fiscale).
Già la legge istitutiva del CUP (L. 3 del 2003) prevedeva all’art. 11 che venisse riportato su tutti i documenti amministrativi e contabili,
cartacei ed informatici, relativi ai progetti d’investimento e che venisse utilizzato nelle banche dati dei vari sistemi informativi comunque interessati ai suddetti progetti. Inoltre istituiva una riserva di regolamento in favore del CIPE per disciplinare nel dettaglio la materia.
L’art. 41 del “Decreto semplificazioni” (DL 76/2020) ha rafforzato il ruolo del CUP, prevedendo che già al momento dell’autorizzazione/finanziamento dei progetti di investimento questi debbano riportare il codice CUP, e la delibera CIPE n. 63 del 26 novembre 2020 (pubblicata in G.U. solo l’8 aprile 2021) ha attuato questa riforma, puntualizzandone l’ambito soggettivo ed oggettivo.
Le nuove prescrizioni
Cosa cambia con la riforma del codice CUP 2021?
Il CUP diventa espressamente un elemento essenziale degli atti amministrativi di finanziamento o autorizzazione all’esecuzione dei progetti di investimento pubblico, in qualità di parametro identificativo univoco dell’investimento stesso. Di conseguenza, deve sussistere fin dal principio. Sono espressamente inclusi nell’ambito di applicazione della norma gli interventi inclusi nel PNRR. Sono invece esclusi dall’ambito di applicazione:
- i contratti secretati
- le spese per armamenti
- i casi di somma urgenza ed interventi emergenziali, in cui è possibile rimandare la richiesta del CUP a un momento successivo (come peraltro avviene per i CIG)
- i casi in cui il CUP non deve essere richiesto, che non cambiano rispetto a prima (ad es. i contratti di manutenzione ordinaria ecc.)
Se l’atto non individua puntualmente gli interventi da finanziare (la destinazione delle risorse) ma rinvia a un atto successivo l’elencazione dei progetti, sarà in quell’atto che dovranno essere presenti i codici CUP.
Si intende validamente dotato di CUP solo il progetto che sia accompagnato da un codice CUP definitivo (non valgono quindi i CUP provvisori) e attivo (quindi non cancellato, revocato o chiuso).
Se vengono approvati contestualmente vari progetti di investimento e sono senza CUP (o con CUP invalido) solo alcuni di essi, la nullità riguarda solo loro e non tutti gli investimenti inclusi nel decreto/delibera.
E’ possibile rimediare all’omessa richiesta del CUP emanando un nuovo atto di approvazione, non viziato (ossia che preveda il CUP per tutti i progetti che intende finanziare, nessuno escluso).
La sanzione: se un investimento, al momento dell’approvazione/finanziamento è sprovvisto di CUP o è legato a un CUP provvisorio o non attivo, gli atti che dispongono il finanziamento o l’esecuzione di quel progetto sono NULLI (ed a cascata lo sono anche tutti gli atti di attuazione successivi, impegni, gare ecc.).
Le linee guida allegate alla delibera n.63 affermano espressamente che “la condotta, di norma omissiva, tenuta al riguardo dal soggetto responsabile di detta apposizione, a prescindere dal possibile rilievo della condotta stessa anche in ambito penale, è suscettibile di essere qualificata in termini di responsabilità dirigenziale, ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ovvero può dare luogo a responsabilità erariale, ex articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Vanno in questa sede, altresì, ricordati, specificamente in punto di responsabilità erariale, gli obblighi di denuncia di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.”
Perchè questa riforma
Il richiamo espresso alle responsabilità penale, erariale e dirigenziale, oltre alla nullità comminata agli atti di approvazione di finanziamenti sprovvisti di CUP mostrano con assoluta evidenza che il legislatore prende molto sul serio questo adempimento, in apparenza così insignificante.
E’ chiaro che a Roma si stanno preparando all’avvio del PNRR e vogliono essere in grado di monitorare efficacemente l’avanzamento dei progetti. Sappiamo che questi fondi, ingenti e particolarissimi, sono legati a termini molto stringenti per l’impegno e la spesa, quindi è indispensabile poter rendicontare a Bruxelles l’avanzamento di ognuno.
Di conseguenza, perchè i monitoraggi siano veritieri e inequivoci, è indispensabile che ogni intervento sia dotato di CUP (immagino che ci sarà da indicare una fonte di finanziamento ben specifica al momento della richiesta, per legare i CUP al PNRR) così che alla cabina di regia non sfugga nulla di questi investimenti, dall’approvazione in poi.
Sicuramente il fine è meritorio, ma mi permetto di dubitare sull’efficacia della via scelta per raggiungerlo.
Innanzitutto mi sembra sproporzionato, si usa un cannone (nullità e responsabilità a 360°) per colpire una mosca.
Poi, certamente c’è un problema di investimenti per cui non viene richiesto il CUP, ma è veramente la richiesta del CUP il problema principale? Immaginiamo di noleggiare automobili con fondi pubblici, e che il CUP sia la targa di ogni auto. Quante centinaia di migliaia di CUP non hanno poi nessun CIG associato? Sono come auto con la targa, che non si sa se vengono usate e quanto. Quanti investimenti sono correttamente identificati da un codice CUP ma non vengono poi materialmente attuati? Sono come auto con la targa, ma tenute in garage.
Certamente la targa è necessaria, ma non è apponendo la targa che si ottiene il corretto uso e controllo dell’auto noleggiata; serve anche molto altro, di cui qui non si vede traccia. E’ come dover andare da Roma a Sidney e concentrarsi solo ed esclusivamente a ottenere il passaporto, senza minimamente pensare che bisogna anche procurarsi un biglietto aereo, trovare i soldi per pagarlo, ottenere le ferie, fare le valigie ecc ecc. Il CUP è solo il primo passo.
La sanzione della nullità, poi, è veramente la più efficace? Per trovare un appiglio per creare la responsabilità erariale, si offre un’occasione di ricorso in più alle controparti. Immaginiamoci una gara importante per un lavoro in cui in origine non c’era il CUP. Il concorrente che non la vince può ricorrere invocando la nullità e porre nel nulla tutto quanto fatto fino a quel momento. A quel punto sanzionare il dirigente che ha omesso il CUP risolve poco, se lo scopo è quello di spendere i fondi europei in fretta. Con la nullità si rischia di ottenere un risultato opposto a quello che si vorrebbe.
Ancora, la delibera 63 dice che il DIPE deve fornire assistenza alle amministrazioni nell’attuazione della riforma, e questa assistenza in concreto si traduce solo nel fornire, a richiesta, un elenco (che si può ottenere con una complessa procedura informatica illustrata in delibera) di CUP estratto dal database del DIPE. Ogni amministrazione poi dovrà controllare se quel CUP corrisponde o no a quanto le è stato dichiarato (per capire se i CUP sono definitivi e validi). Mi immagino le amministrazioni come i Ministeri che approvano centinaia di interventi alla volta e l’elenco che riceveranno se vorranno verificare i CUP. Siamo sicuri che non ci fossero modi più snelli per ottenere lo stesso risultato?
Sappiamo che il database dei CUP e dei CIG è presidiato poco e male. Invece di imporre su OGNI investimento pubblico una “semplificazione” assistita da una sanzione del tutto sproporzionata (la nullità), sarebbe stato sufficiente prevedere cospicue sanzioni amministrative a carico dei dirigenti che non chiedono il CUP e non effettuano i monitoraggi previsti per i soli interventi legati al PNRR. Forse il risultato sarebbe stato equivalente, se non migliore.
Comunque non siamo noi umili funzionari che prendiamo queste decisioni, quindi chiederemo scrupolosamente i CUP per ogni e qualunque cosa, certi che in questo modo risolveremo i problemi della gestione dei fondi pubblici in Italia.