Il DGUE

Molte (piccole) stazioni appaltanti dal 1 gennaio 2024, accedendo alle sezioni MEPA dedicate alla richiesta del CIG, hanno scoperto l’esistenza dell’ennesimo acronimo del mondo degli appalti. Mi riferisco al c.d. “ESPD” (European Single Procurement Document).

Questo oggetto misterioso altro non è che il DGUE (all’inglese). Ma cos’è il DGUE, a cosa serve e come si usa? Cerchiamo di scoprirlo in questo articolo.

Come nasce il DGUE

Sin dalla loro creazione uno degli obiettivi delle Comunità Europee (ora Unione Europea) è stato la creazione di un mercato comune di persone, merci e capitali. Per far questo bisognava rimuovere tutti gli ostacoli normativi, amministrativi e pratici esistenti.

Per il settore degli appalti pubblici la rimozione degli ostacoli normativi è avvenuta principalmente con c.d. “direttive appalti”, che hanno dettato le regole comuni per gli appalti pubblici. Ma per tradurre in realtà l’obiettivo della partecipazione alle gare d’appalto delle imprese di nazioni diverse bisognava andare oltre.

Uno degli ostacoli principali infatti era la burocrazia diversa da Paese a Paese, per cui per lo stesso tipo di gara in uno Stato venivano chieste determinate dichiarazioni con una forma, in un altro cose simili ma in modo completamente diverso, e questo chiaramente sfavoriva le imprese estere.

Il problema esisteva anche per gli appalti non transfrontalieri, perchè gli operatori economici sanno bene che -anche se le dichiarazioni richieste sono quasi sempre le stesse- ogni stazione appaltante anche nella stessa città ha i suoi personalissimi formulari e in genere non ne accetta altri. E gli uffici gare delle imprese passavano intere giornate a copincollare le stesse dichiarazioni su modelli diversi.

Per risolvere questo problema nel 2016 la Commissione ha creato un modello di autodichiarazione unico per tutte le procedure di gara, uniforme in tutta l’UE, riutilizzabile in più gare e di utilizzo obbligatorio al posto di tutti gli altri formulari.

In Italia è stato adottato col nome “DGUE” ossia “Documento di Gara Unico Europeo” e il suo utilizzo è stato prescritto dall’art. 85 del D.Lgs. 50/2016, obbligatoriamente per le procedure oltre i 40.000 euro, facoltativamente per quelle di importo inferiore. Dal 2018 il DGUE è diventato elettronico, l’UE ha messo a disposizione un servizio ad accesso libero per compilarlo.

il DGUE

Il risultato della compilazione è un file di tipo xml, da mettere a disposizione così com’è agli operatori economici.

Com’è fatto il DGUE

Il DGUE/ESPD è diviso in sei sezioni.

La prima viene compilata dalla stazione appaltante e contiene i riferimenti all’appalto per cui la dichiarazione viene resa. Quindi oggetto, CIG, stazione appaltante, cpv eccetera. Questa sezione è sempre diversa per ogni appalto. Se l’appalto è diviso in più lotti con criteri di selezione diversi tra loro, ogni lotto dovrà avere un diverso DGUE.

La seconda riguarda l’operatore economico che la compila, chi è e come è composto (legali rappresentanti, sede legale ecc.), l’eventuale ricorso all’avvalimento e al subappalto.

La sezione 3 è tendenzialmente sempre uguale e l’operatore economico la può riusare quasi sempre così com’è in tutte le gare (se non ci sono novità). Qui infatti si autocertifica l’assenza delle cause di esclusione (artt. da 94 a 98 del d.lg. 36) generali.

Nella sezione 4 si dichiara la presenza dei requisiti di ordine speciale (capacità economica, finanziaria e professionale) e l’esistenza di certificazioni di qualità. Viene compilata a seconda di ciò che la stazione appaltante chiede (quindi la stazione appaltante deve compilarla a sua volta per precisare le sue richieste).

Nella sezione 5 si trovano le dichiarazioni relative al soddisfacimento delle richieste ulteriori eventualmente fissate dalla stazione appaltante per limitare il numero dei candidati da invitare.

La sezione conclusiva consiste nella dichiarazione di veridicità di tutto quanto dichiarato prima e nell’impegno a dimostrarlo se richiesto. Il DGUE va infatti firmato digitalmente.

I vantaggi del DGUE

Per gli operatori economici come detto l’uso di un formulario sempre uguale presenta vantaggi incalcolabili. Il modello e le dichiarazioni sono sempre le stesse e basta unire il formulario del singolo appalto col proprio, riusando le dichiarazioni sempre uguali (es. sull’assenza di cause di esclusione) e aggiungere le eventuali poche cose in più, e in un attimo il gioco è fatto con evidente riduzione degli oneri amministrativi.

Per le stazioni appaltanti i vantaggi sono assai meno evidenti, specialmente perchè spesso ai soggetti pubblici mancano i software in grado di importare i dati già digitati dalle imprese e riutilizzarli. Inoltre il modello europeo è lungo, pensato per adattarsi a tutti gli appalti e tutte le casistiche, quindi (specialmente nella versione cartacea) ha un aspetto alquanto “respingente”. Con la scusa che i modelli interni erano più semplici, brevi ed amichevoli anche per le imprese, molte stazioni appaltanti hanno largamente ignorato il DGUE, almeno nel sottosoglia. E a dire il vero non è che gli operatori economici si siano molto lamentati per questo.

La creazione del DGUE

In concreto, il DGUE deve essere creato dalla stazione appaltante usando o il sito ufficiale dell’UE o altre piattaforme analoghe (vedremo nel dettaglio il MEPA, in altri articoli). Il risultato di questa procedura è la generazione di un file (in genere chiamato request.xml o nomi similari) di estensione xml. Il file va messo a disposizione così com’è agli operatori economici.

Questi, attraverso il sito ufficiale o altri software analoghi potranno o compilare manualmente il file o unirlo con un DGUE già compilato in loro possesso, dicendo in tal caso quali dichiarazioni del vecchio DGUE intendono riversare nel nuovo DGUE. Alla fine uscirà il DGUE compilato, che può essere o in formato xml o pdf (chiamato solitamente response.xml o response.pdf o nomi simili). Il pdf serve per firmarlo e reinoltrarlo alla stazione appaltante, l’xml per un eventuale riutilizzo futuro.

Il DGUE nella digitalizzazione del ciclo degli appalti

Con l’approvazione del d.lgs.36/2023 il legislatore ha colto l’occasione della digitalizzazione integrale del ciclo degli appalti per ribadire l’obbligo del DGUE e per integrarlo fortemente nelle piattaforme di approvvigionamento digitale.

Sebbene l’obbligo in sè sia rimasto invariato (oltre i 40.000,00 euro sempre, facoltativo sotto) ora non si può più fingere di ignorare la sua esistenza.

Come ben sa chi si è trovato a richiedere il CIG sul MEPA, infatti, uno dei passaggi è dedicato proprio al DGUE/ESPD. Lì o si carica il modello di DGUE che l’impresa deve compilare o si sposta un cursorino in alto, per dire che anche senza aver caricato nulla siamo a posto così e vogliamo andare oltre (assumendoci le responsabilità del caso, perchè prima sono stati nominati espressamente i responsabili delle diverse sezioni, inclusa questa)

Non ho provato a vedere che succede se non si carica il file xml laddove è obbligatorio, non so se il sistema si rifiuti di procedere (dovrebbe farlo).

Piccola digressione: Mi sfugge a cosa serva fare l’upload del file xml del DGUE nella sezione ESPD/DGUE di Acquistinrete, perchè se ci limitiamo a compiere solo questo passaggio l’operatore economico non vedrà il DGUE! Perchè possa vederlo, compilarlo e rimandarcelo, infatti, bisogna anche inserirlo nella sezione “documentazione” (in TD, RdO ecc.) tra i documenti da reinviare. Alla faccia del principio della digitazione “once only”. Fine della digressione.

In ogni caso, il punto è che il DGUE non si può più ignorare, e questo vale in tutte le piattaforme di approvvigionamento.

Per facilitare le stazioni appaltanti e gli operatori economici il MEPA mette a disposizione uno strumento di creazione del DGUE già all’interno della sua piattaforma, ricalcando in tutto e per tutto il servizio europeo. Anche altre piattaforme telematiche (es. SATER) fanno lo stesso. Si tratta solo di prenderci la mano (e soprattutto di imparare a leggerlo quando lo riceviamo).

Nei prossimi mesi l’UE aggiornerà il modello di DGUE/ESPD. ANAC ha già comunicato che questo nuovo modello sarà più avanzato dell’attuale e che grazie a questo lo potrà collegare alle verifiche dei requisiti attraverso il FVOE 2.0. Se ho inteso bene il senso della cosa, per ogni dichiarazione/richiesta contenuta nel DGUE il FVOE, importando il DGUE, dovrebbe (più o meno automaticamente) potersi collegare alla specifica banca dati che contiene la conferma di quella dichiarazione. Ad es. se l’operatore dichiara di non aver subito condanne, dovrebbe preimpostare la richiesta (solo da far partire) al casellario giudiziale per verificare se sia vero, per ciascuno dei soggetti per cui è prevista l’assenza di condanne. Se così fosse i vantaggi del DGUE anche per le stazioni appaltanti comincerebbero a diventare evidenti. Ma non voglio illudermi.

Di sicuro il nuovo DGUE non sarà in uso fino a dopo l’estate, vedremo.

Visto che Acquistinrete è la piattaforma più diffusa, nei prossimi articoli illustrerò come compilare il DGUE al suo interno, sia per le stazioni appaltanti che per gli operatori economici.

 

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3 Comments

  1. Ciao a tutti. La cosa insensata è caricare il dgue nel espd , il quale nel campo CIG non ha inserito nulla, perché alla generazione del CIG bisogna ancora arrivarci. Quindi ci fanno caricare nel Dgue/espd un file XML con i soli dati della stazione appalte, senza sapere chi è l’OE e senza CIG riportato sul file.
    La cosa che mi fa veramente ridere, è la scheda aggiudicazione dentro l anacform, da compilare obbligatoriamente per arrivare a generare il CIG. Fatto ciò sulla bdncp la procedura risulta già aggiudicata in data x, ma sul Mepa la RDO è ancora in pubblicazione e l’offerta ancora deve essere inviata. In mezzo a tutto questo malfunzionamento , hanno inserito il campo URL, per il principio del once only, se l’erano dimenticato. Aiuto!

    Pigno

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