Scadenza delle fatture e nozione di transazione commerciale
Uno degli obiettivi fissati dal PNRR è la riduzione dei tempi di pagamento delle fatture commerciali da parte della PA italiana a tempi degni di un paese civile, così da rientrare nei parametri fissati dalla direttiva 2011/7/UE (30 giorni come regola, 60 per il settore sanitario o per casi particolari negli altri settori).
Il legislatore è intervenuto varie volte per cercare di conseguire questo obiettivo, tenendo alta l’attenzione con vari monitoraggi (tipo quello sull’indice di tempestività dei pagamenti e l’altro sullo stock del debito) e associando sanzioni al mancato rispetto dei tempi di pagamento. La situazione è migliorata, ma resta ancora molto da fare.
Recentemente è uscita un’interessante circolare (la n.36-2024 della RGS) sulla scadenza delle fatture e non solo, che cerca di fare chiarezza su vari punti ambigui della normativa (e, diciamolo, levare molti alibi ai funzionari). Vediamola insieme.
La nozione di transazione commerciale
Per prima cosa la circolare chiarisce quando si è in presenza di una “transazione commerciale”, perchè c’erano alcuni casi dubbi.
Sotto il profilo oggettivo sono transazioni commerciali “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo”.
La Ragioneria precisa espressamente che in questa definizione rientrano gli appalti, le concessioni, le locazioni e le prestazioni professionali.
Sotto il profilo soggettivo si devono considerare le transazioni “tra imprese e tra imprese e PA”. Nel concetto di impresa rientrano anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.
Non rientrano nella nozione:
- le fatture emesse a fronte di un mero trasferimento di risorse finanziarie, o a rimborso effettuato in fase di rendiconto della spesa, anziché per l’effettiva prestazione di un servizio
- le fattispecie dove, in ultima analisi, la controprestazione monetaria è svolta non a favore della PA ma a favore del cittadino/contribuente o di un soggetto non imprenditore/professionista
Nel caso 1 rientrano i contributi versati dallo Stato a soggetti privati come supporto finanziario per lo svolgimento di funzioni di assistenza a favore dei cittadini, per funzioni meritevoli di tutela, al fine di assicurare costi più contenuti rispetto a quelli di mercato (es. ai patronati) e le sovvenzioni erogate a privati per iniziative sportive o culturali. Sono però transazioni commerciali i pagamenti dello Stato alle strutture di cura private convenzionate col SSN, anche se beneficiario delle loro prestazioni è il cittadino.
Nel caso 2 rientra il rimborso dei costi dell’assistenza sanitaria transfrontaliera. Non vi rientra invece l’acquisto di un bene o servizio da parte di un soggetto privato sulla base di un programma pubblico di sussidi o di sovvenzioni, quindi le fatture per il rimborso dei costi sostenuti per programmi quali la Carta giovani e simili sono commerciali (perchè il bene lo paga la PA, non il cittadino).
Non esiste un rapporto biunivoco tra transazione commerciale e fatturazione elettronica (anche se di regola questo rapporto c’è): possono infatti esserci casi di emissione di fattura elettronica per prestazioni non commerciali.
Non sono transazioni commerciali i debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito nè i pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati, a tale titolo, da un assicuratore.
La scadenza delle fatture
Premesso che -puntualizzazione mia- il termine decorre dalla consegna della fattura dallo SDI alla PA (e non dall’accettazione) e che il pagamento si considera avvenuto nella data di pagamento indicata nell’ordine di pagamento, il chiarimento a mio avviso più interessante della circolare 36 è quello che riguarda la scadenza delle fatture.
Il D.Lgs. 231/2002 (che recepisce letteralmente la direttiva UE) infatti stabiliva che “…le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto” e invocando questa norma varie PA avevano inserito nei contratti pattuizioni “allegre” e/o modificavano in libertà la scadenza in sede di registrazione delle fatture.
La Ragioneria interviene stabilendo alcuni punti fermi, in particolare:
- E’ illegittima ogni scadenza superiore ai 60 giorni
- Il calcolo dei giorni deve includere anche i festivi e non deve cambiare a seconda della durata del mese (si devono calcolare i giorni da calendario, senza alcuna esclusione, altri metodi dono illegittimi)
- Le pattuizioni che portano la scadenza oltre i 30 giorni devono essere documentate, riscontrabili e motivate
- Se l’impresa stabilisce di sua iniziativa una scadenza oltre i 30 giorni (60 nei casi previsti) il funzionario che registra la fattura dovrà necessariamente ricondurla al termine di legge di 30 giorni
- Se ci sono contestazioni o altri problemi che non consentono di pagare subito, la fattura va opportunamente gestita su PCC/INIT. Non si deve allungare la scadenza per compensare i problemi che causano ritardi nel pagamento.
Scadenza e contestazioni
A proposito di possibili contestazioni sulle fatture e sui possibili riflessi sulla data di pagamento, RGS ricorda innanzitutto che alcuni casi legittimano il rifiuto della fattura, e cioè:
- fattura riferita ad una operazione che non è stata posta in essere in favore della pubblica amministrazione destinataria della trasmissione del documento
- omessa o errata indicazione in fattura di CIG o CUP
- per i dispositivi medici e per i farmaci, omessa o errata indicazione del codice di repertorio
- per i farmaci, omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) e del corrispondente quantitativo
- per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali, omessa o errata indicazione del numero e data della Determinazione Dirigenziale d’impegno di spesa
In questi casi la fattura va rifiutata in radice, non esclusa dallo stock o registrata con scadenze improbabili.
Altre situazioni invece giustificano la registrazione in PCC di un periodo di “sospensione della fattura”, periodo durante il quale il termine di 30 giorni resta ‘congelato’ al punto in cui avviene la sospensione.
Tali casi, da indicare quando si registra una sospensione, sono:
- Contenzioso
- Contestazione
- Adempimenti normativi
- Verifica di conformità
Contenzioso e contestazione possono anche essere stragiudiziali, non serve essere in causa, ma devono essere contestazioni serie. Non basta un generico attrito con la controparte.
I casi di adempimento normativo sono tutti quei casi in cui una norma impone di non pagare la fattura in tutto o in parte, ad es. si pensi alle ritenute dello 0,5% per gli appalti: in questo caso andrà sospesa la parte di fattura relativa alla somma accantonata.
Il caso della verifica di conformità della prestazione è quello che si presta ai maggiori ‘giochetti’ delle stazioni appaltanti, quindi la Ragioneria precisa che la verifica (e conseguente sospensione), ove prevista, non deve superare i 30 giorni (salvo diverso termine pattuito espressamente, termine che però non deve risultare gravemente iniquo). Si può motivare la sospensione con la ‘verifica di conformità’ anche per il caso di fattura trasmessa prima della consegna del bene/svolgimento della prestazione, ma io sono più per il rifiuto in radice.
La Ragioneria precisa anche come “non rientrino nelle legittime cause di sospensione delle fatture tutte quelle condizioni in cui il ritardo di pagamento dell’Amministrazione dipenda da motivazioni interne alle procedure amministrative-contabili della pubblica amministrazione, comprese quelle derivanti dal ritardo nei trasferimenti di risorse finanziarie tra i diversi livelli di governo”. A mio avviso questa frase doveva essere accompagnata dalla puntualizzazione che le sanzioni previste per i dirigenti che pagano in ritardo saranno comminate a chi non ha trasferito le risorse in tempi congrui, ma non l’hanno scritto.
Ricordo anche che in una vecchia circolare (22/2015) RGS aveva puntualizzato che il ritardo nel rilascio del DURC (e più in generale l’effettuazione dei controlli contabili pre-pagamento, incluso il caso in cui si chiedono informalmente spiegazioni all’impresa e questa non risponde prontamente) non è una causa che giustifica il ritardo dei pagamenti o la sospensione della fattura. Anche in questo caso posso solo esprimere la mia perplessità.
La circolare avverte che stanno implementando soluzioni tecnologiche (tradotto: modifiche a PCC, INIT et similia) per subordinare l’inserimento di scadenze oltre i 30 giorni alla firma del funzionario delegato, oltre che all’indicazione di una motivazione puntuale.
I controlli
Le fatture 2024 saranno oggetto di verifica da parte della Commissione UE, che potrà anche accedere alla PCC per estrarre singole fatture e se si troveranno scadenze oltre i 30 giorni saranno chieste le ragioni.
Evidentemente il rischio di essere le PA controllate da Bruxelles tra miliardi di fatture è minimo, quindi la Ragioneria ha disposto che anche gli organi di controllo di regolarità amministrativa e contabile verifichino, nell’ambito dei rispettivi contesti di applicazione (rendiconto o verifiche dei revisori) la corretta applicazione delle disposizioni che vi ho elencato.
Questo significa che UCB, RTS e revisori dei conti controlleranno le scadenze. Come? Non so se potranno accedere a PCC o se chiederanno a noi di estrarre il file coi tempi di pagamento, ma in un modo o nell’altro controlleranno questo aspetto, quindi è il caso di prepararsi per tempo a fornire le dovute spiegazioni.
Noto che non viene fatto alcun richiamo al certificato di pagamento ( previa verifica della regolarità contributiva) che giustifica l’emissione della fattura da parte del fornitore.
Già… non hanno voluto distinguere i casi dei piccoli appalti in cui questo documento non c’è da quelli più rilevanti in cui c’è.
Buongiorno
rispetto al testo del suo articolo sotto citato , puo’ chiarire meglio per cortesia cosa intende con “ma io sono piu’ per il rifiuto in radice”?
Si può motivare la sospensione con la ‘verifica di conformità’ anche per il caso di fattura trasmessa prima della consegna del bene/svolgimento della prestazione, ma io sono più per il rifiuto in radice.
Significa che se la prestazione non è stata completata del tutto ma il fornitore fattura lo stesso perchè magari consegna a brevissimo, io preferisco rifiutare la fattura e farla rifare quando la prestazione è eseguita che tenermi in pancia una fattura e sospenderla.